Due parole sul blog

Se pensate che qui si parli di Fate, Elfi e Creature simili, beh, avete ragione.
Quasi.
La verità è che qui la vera protagonista è la Terra, com'è o come avrebbe potuto essere se...Se l'uomo non fosse com'è, se si fosse evoluto diversamente, se le cose fossero andate in un altro modo...

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Su, su, guardate, guardate...

sabato 24 novembre 2012

Un paio di anellini

Buonasera, o buonanotte, vista l'ora tarda.
Nell'augurare al mondo un ottimissimo week end, posto un paio di cosettine.
Uno, regalino per la Milly, che lamenta di aver dita troppo grandi e di non trovare mai un anello che le vada bene (la bambina, per inciso, è un metro e 75, a sedici anni!), l'altro una prova per una commissione.
Ve li presento:
Qui lo avevo indossato io, al pollice, perchè IO NON sono alta come la Milly. E ho manine piccole, IO!
Metallo placcato Argento 1.29mm cucito in 0.4mm.
In giro piace un sacco...


Rame da 0.8 cucito in 0.3. con Ametiste.
Visioni laterali:

 
Indossato:
Non è carinissimo? Lo so che non lo dovrei dire, ma mi è uscito coccoloso!

martedì 20 novembre 2012

Frammenti: Il Dono p.9

Post modificato, restano a disposizione estratti dei capitoli
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...Il vento.
Anche in città arriva il vento.
Spesso è così forte da fischiare tra le vie, sotto i tetti, tuffandosi nei cortili, da ruggire e sbattere tende ben ancorate alle loro guide, spaccandole. Tanto da svellere finestre e far cadere alberi troppo vecchi o troppo malati.
Succede. Non spessissimo, ma succede.

Allora mi chiudo nella mia stanzetta, mi infilo sotto le coperte e mi sembra di ascoltare la voce della tormenta1. Trasferisco la mia anima dove il Vento ha origine, immaginando il suo ruggire sibilante e rabbioso tra pinnacoli bruni e cornici2 aeree, così effimere, eppure modellate da quelle stesse tormente feroci.
Altre volte arriva più tranquillo e ha odore di neve, di terra, di funghi e di erba… alzo gli occhi e le Montagne sono là che mi osservano, al di là delle case, al di là delle vie ampie e diritte come dita tese ad indicarle.
A volte accarezza le orecchie e sembra di sentire il suono dei pascoli alti, delle pendici rocciose, del lento ed eterno muoversi dei ghiacciai.
Allora mi sento spaccata, come un vecchio ciliegio colpito da un fulmine dalla chioma alle radici.

Chiusi gli occhi.
Era lo stesso vento, ma questa volta ero là, dove dovevo essere.
E non volevo, non potevo andarmene!
Quell’altra vita non mi era mai appartenuta: ne ero stata prigioniera per un capriccio schizofrenico e avevo sempre pensato che fosse l’unica possibile, per me.
Eppure… quanto non riuscivo a starci dentro! Quanto tutto era estraneo!

Mi sembrava di passeggiare in un set cinematografico dove ero piovuta per caso, dove ogni cosa era finta, dai paesaggi disegnati su fondali di cartone, agli oggetti, ai personaggi interpretati da attori annoiati da una parte sempre uguale.
Tentavo di recitare una parte anch’io, a caso, imparando a memoria le battute di qualcun’altro, sentendole false e stonate o improvvisando.
Era surreale, ma ci avevo fatto l’abitudine da tanto tempo.
Non adesso, mai più.
Mai più avrei potuto restare a guardare il tempo scorrermi tra le dita, senza poter afferrare quel che mi spettava di diritto, che spetta a tutti di diritto.

Micky non c’era, la porta leggermente aperta e miagolii selvaggi mi comunicarono che era stanco di riposare ed era corso a giocare col gatto della zia su e giù per le scale, dal momento che fuori il vento era troppo forte.
Aveva sempre avuto paura di quel tipo di vento: si nascondeva sotto il letto e mi chiamava mugolando penosamente, finché mi infilavo con lui là sotto, per quanto possibile, e gli mettevo una copertina sotto cui nascondersi meglio.
Ora giocava. La paura l’aveva lasciata laggiù, in un appartamento di cinquanta metri quadri.
Sentii la zia chiamare per la pappa e una mandria di bufali correre giù per le scale… E poi dicono che i gatti sono leggeri e silenziosi!

“Oh, accidenti! Niente gite, oggi!” Pensai, sbirciando tra le stecche degli scuri, il grande Tasso bruno e robusto, che piegava le fronde e gemeva lottando con la tormenta.
Un tasso… cioè, eravamo a milleottocento metri, c’erano pascoli e qualche mugo stiracchiato! Che ci faceva un tasso di una dozzina di metri, lì?
Sentii uno sguardo pungermi la schiena e mi voltai, aspettandomi forse l’apparizione di qualche strana Creatura locale, ma c’era solo il cristallone, appoggiato in un angolo.

Follia, ma mi pareva irritato. “E’ ridicolo!” dissi a me stessa.
BANG!
Il bicchiere sul comodino esplose, lanciando pezzi di vetro ai quattro angoli della stanza.
La zia si affacciò alla porta: “Che succede, cara?”
“Sparano!” esclamai da dietro il letto dove mi ero rifugiata.
“No, tesoro, nessuno ha sparato” disse entrando e, vedendo i cocci sparsi su comodino e pavimento: “Ma guarda!” commentò.
Poi li raccolse con calma, intimandomi di non muovermi, che potevano esserci delle schegge.
“Ma che…”
“Non è nulla, cara. Succede.”
“Co-cos’è che succede? In che senso?”
Lei si voltò con i cocci ordinatamente in mano. “Sono ancora caldi. È stato un gran bel colpo, eh?” poi sembrò ripensarci: “Non ti sarai mica spaventata, vero?” mi chiese stupita.
“No, zia, cosa dici! Più o meno tutte le mattine vengo svegliata da un’esplosione sul comodino!”

La zia uscì ridacchiando e tornò poco dopo con un panno bagnato.
“Non hai mai visto una pietra rilasciare energia?”
“A volte l’Ambra accumula elettricità statica e può dare la scossa, ma non è una pietra e… e poi l’Opale può accumulare energia e rilasciarla improvvisamente sotto forma di onda sonora, ma non così! E poi, questo non è Opale, e…”
“È una pietra potente, Eva. La vostra scienza è così presuntuosa da decidere cosa sia possibile e cosa no, è il classico comportamento degli ignoranti.”
“Che bello!” biascicai tra i denti.

Avevo una mezza idea di trasformare quel coso in una serie di pendagli da lampadario, non appena avessi avuto il coraggio di avvicinarlo.
Prudentemente scesi, cercando di non passargli troppo vicino, resistetti all’impulso di fargli una linguaccia, e mi impegnai sulle bolle di luce.

Mi sentivo molto nervosa all’idea di passare un’altra notte nella stessa stanza con quell’affare, così la zia, saggiamente, salì e lo coprì con una pezza di velluto nero.
“Ora starà tranquillo” mi rassicurò, così, come fosse stata la cosa più naturale del mondo che una pietra si irritasse e si mettesse a sparare come un personaggio di Guerre Stellari!

Il cagnone era uscito, convinto che con i suoi sessanta chili il vento non potesse portarlo via, ma pochi istanti dopo sentimmo raschiare alla porta
ed entrò una enorme palla di lana arruffata e imperlata di particelle di neve di riporto.
Gli si vedevano solo gli occhi e il tartufo, almeno finché non si scrollò energicamente davanti al camino dandoci un’idea dell’atmosfera esterna, dopodiché si spalmò come burro davanti al fuoco e i gatti si misero ad usarlo come tappeto elastico.
Se non pensavo al quarzone, alla signorina trasparente e all’esplosione di poco prima, la giornata, tormenta o meno, iniziava in modo grandioso.
Il problema era non pensarci, ovviamente.

1 Tormenta: forte bufera di neve polverosa con violente raffiche di vento, può verificarsi in qualsiasi stagione in alta Montagna.   
2 Cornice nevosa: struttura aerea aggettante formata da neve con forte capacità di coesione, di dimensioni spesso notevoli in spessore e ampiezza, sospesa su dorsali e creste.
 

(...continua link p.:10)

mercoledì 14 novembre 2012

Cuffiette...

Insomma, ho quasi finito qualcosa che avrei dovuto inviare tipo tre settimane fa e invece, per ragioni sempre troppo lunghe e tediose da raccontare, ho inviato oggi...e devo ancora finire della documentazione, ma sono dettagli.
Ora posso rilassarmi e rimettermi a postare.
Orbene: ho già postato la fotina di Marianna con le cuffiette indossate, ma ho anche le foto della Morbida Giulia. ^_^
QUINDI posto alcune paia di cuffiette nuove nuove e poi vediamo, se riusciamo, come effettivamente si dovrebbero indossare per non farsi male e allo stesso tempo non perderle.

Ecco le creaturine:
Rame e piccole Olivine, sotto primo piano:
Qui sotto c'è una commissioncina: Silver filled con Labradorite bianca e Granatini
Forte la Labradorite a prisma, no?
Queste a me ricordano dei Draghetti stilizzati...per indossarle correttamente, però, ho dovuto inclinare le teste, così da far seguire la forma del padiglione.Rame, Quarzo fumé e Labradoritina bianca.
 Primo piano:
Altra commissioncina...adooooro questi! Silver filled, sempre Labradorite bianca e Lapislazzuli! Roba da spose!! No?
Primissimo piano:
Infine, ecco il mio ultimo pezzo di Ottone, con chicchi di Quarzo Ialino e triangolini di Quarzo Rutilato...peccato gli aghi di Rutilo si vedano poco nella foto:
Primo piano:
 
E con questo paio, io avrei finito.
Invece vi presento la fascinosa Wisteria/Giulia, con indossate in modo alternativo le cuffiette sullo stesso orecchio:
       
Al di là dell'interpretazione di Giulia, ho trovato sul web un disegno, non sicuramente eseguito dall'antenato del mio micione, ma sicuramente utilissimo. Sperando di non urtare nessuno, ve lo posto:
Fate scivolare la cuffietta lungo la cartilagine dalla parte in alto dell'orecchio.
 
Fate scorrere verso il basso, facendo attenzione che prenda bene il bordo dell'orecchio. In caso ruotate la cuffietta per sistemare correttamente il bordo nel padiglione interno.
 
Se sentite la cuffietta larga o poco ferma e stabile, potete aggiustare leggermente i bordi con una pinza o stringendo leggermente con le dita.
Una volta sistemati, dovreste, facendoli scivolare verso l'alto per toglierli o verso il basso come indicato per indossarli, non avere bisogno di ulteriori aggiustamenti.
 
Nel disegno è indicato di non stringere mentre l'orecchino è indossato, per evitare di farsi male...ovviamente, se si stringe leggermente con le dita, questo pericolo non dovrebbe manifestarsi.
 
Una volta a posto, scoprirete che le cuffiette sono sicure e salde, ma che quasi non si sentono, ben lontane dalle dolorose clips delle nostre mamme (ok, la mia aveva i buchi, ma ne aveva un paio, degli anni '70, con le clips. Ed erano tremendi!)
 
E ora...in giro a far invidia ad amiche e amichi!

venerdì 9 novembre 2012

Frammenti: Il Dono p.8

Post modificato, rimangono a disposizione piccoli estratti dei capitoli.


...Finalmente il treno fermò all’ultima stazione, il Picco.
L’aria era frizzante, fredda, limpida e cristallina ancor più che alle Terme.
La neve copriva ancora quasi del tutto i prati e ce n’erano grossi mucchi accumulati accanto alle case, per lo più trasformati in campi gioco per i bambini, che avevano costruito pupazzi di ogni forma e dimensione ed ora giocavano ad arrampicarsi sui cumuli e lungo i pendii, per poi scivolare a pancia in giù come pinguini su slitte improvvisate con coperte di feltro o con le giacche a vento.
Ogni tanto uno arrivava in fondo, ruzzolava e quelli dietro gli arrivavano sulla schiena, finendo per ammonticchiarsi gli uni sugli altri.
Nessuno si metteva ad urlare o piangere, anzi, ridevano a crepapelle e poi si lanciavano palle di neve.
I cani giocavano e correvano con loro, vigili; di quando in quando qualche adulto buttava l’occhio, poi tornava alle proprie occupazioni.

Li lasciavano crescere, vegliavano su di loro senza opprimerli, senza fobie iperprotettive, senza isterismi e i bambini si crescevano l’un l’altro e si facevano crescere dai grossi cani, scoprendo la vita e se stessi un giorno dopo l’altro, un’avventura fantastica dopo l’altra nel giardino di casa, lungo le stradicciole del paese, tra pinete e pascoli.
Che invidia! Come avrei voluto un’infanzia così!

Provai una fitta allo stomaco: io avrei dovuto avercela, un’infanzia così, anche se magari part-time!
Alzai gli occhi verso le Montagne che incombevano su di noi, splendide, maestose, scintillanti nel sole del mezzogiorno, stagliandosi contro il cielo blu zaffiro.
Mi guardavano un po’ indifferenti, un po’ compiaciute: stavo tornando a casa.
Per loro era trascorso meno di un battito di ciglia da quando, fagottino inconsapevole, me ne ero andata. Per me era stata la vita.
Una brutta vita, che non era la mia e, la mia, nessuno avrebbe potuto restituirmela.
Infilai il golf, mi sistemai in spalla il borsone e seguii gli altri sul carro per Forno.

La casa della zia Greta era la casa dei miei sogni: una baita di legno su due piani, con un giardino intorno, un grande albero a sfiorare le finestre della mansarda, camino, veranda, terrazza perlinata che presto sarebbe stata piena di fiori da scoppiare, c’era un gatto color champagne ad aspettare la sua umana alla finestra.
In quelle due settimane i vicini avevano avuto cura di lui, ospitandolo, nutrendolo, permettendogli di andare a casa sua quando ne aveva voglia e di stare da loro se lo desiderava.
C’era anche un cane, un grosso bovaro bianco, simile ad un Cecoslovacco incrociato con un Pastore dei Pirenei, insomma, la versione maxi di un pastore svizzero.
Ci vide, o ci sentì, prima ancora che entrassimo in paese e si precipitò giù lungo la strada abbaiando entusiasta.

Micky e il micione della zia fecero amicizia più in fretta di quanto Usain Bolt avrebbe corso i duecento piani e cominciarono a saltare per il giardino, rincorrendosi, duellando, facendosi agguati e rotolando come una grossa palla di colore indefinito con pezzi di foglie e terra appiccicati dappertutto.
Non sarebbe stato facile convincere il mio ragazzo a tornare a casa, in città, forse nemmeno le terme gli sarebbero piaciute più molto, dopo due giorni lassù.
Entrando, il profumo del legno, lo stesso che si sente nell’entrare in un rifugio, ma più dolce e casalingo, mi riempì le narici.
È quello l’odore che dovrebbe avere una casa: legno, resine, vento, un po’ di cenere e stufa, bucato e magari spezie bruciate nel camino.

(...)

E poi fui davanti a quella cosa.
Una parete di granito levigata da migliaia di anni di sfregamento col ghiaccio. Scura, liscia come uno specchio, dalla forma curva, sensuale, tipica dei mammelloni1 glaciali. Solo che, lì, davanti ai nostri nasi, c’era un passaggio, chiaramente ampliato e lavorato da mani pazienti, così da permettere l’ingresso di un adulto un po’ spremuto.
Ci infilammo uno alla volta, di traverso e, per l’appunto, spremendoci.

Era un geode con all’interno quarzi, ametiste, calciti e aragoniti dalle forme folli, fluoriti, vesuviane, pallette di stilbite e altra roba che non finii di registrare, avendo una improvvisa paresi ai neuroni.
I quarzi crescevano per lo più a grappoli, che iniziavano perfettamente trasparenti e viravano al fumé, fino al morione puro, tutto nello stesso gruppo.
Non avevo mai visto niente del genere. C’erano geminati da una faccia ialina e l’altra, opposta, mora come cioccolato e, davanti a me, c’era un cristallo di Ametrino2 che mi arrivava tranquillamente alla cintura.
Ma il peggio era che, in fondo alla pancia del geode, immobile tra la roccia completamente incastonata di cristalli adamantini e un grappolo delle dimensioni tavolino, c’era una ragazza.

Solo che non era proprio una ragazza. Aveva carnagione alabastro, in contrasto con i capelli scuri che le ondeggiavano attorno al viso ovale, intento in una profonda meditazione, le mani a coppa attorno al cristallo più grande, con cui sembrava essere in comunione. Non sembrava consapevole della nostra presenza ed era, ecco, come dire, leggermente trasparente, tanto che potevo intravedere la parete alle sue spalle.
Non riuscivo a staccare gli occhi da quella visione.
Mi voltai interrogativa verso gli altri, che mi fecero segno di restare silenzio. Joelle sedette tra i cristalli come in un prato di margherite e, tranquillamente, si mise a raccoglierli.

Ero basita: quelle pietre si staccavano come fiori dalla matrice non appena lei li toccava. Prese un Ametista con diverse geminazioni, un paio di fluoriti rosa grosse così, qualche morione di un incredibile grigio antracite e lucenti come stelle, quarzi ialini che sfumavano nel bruno e un quarzo a Scettro fantastico.
La ragazza non diede segno di accorgersi di nulla, immersa nella sua meditazione.

Nicolas mi fece cenno di sedermi e raccogliere, ma non osavo: mi limitai a toccare con reverenza quelle cose meravigliose e a prendere piccoli cristalli staccati al suolo, che comunque mi riempirono le mani. “Davvero posso?” mimai a Nicolas, che sorrise. Lui prese dalle pareti un po’ di cose che ripose nello zainetto e poi mi fecero segno di andare.

Mi alzai a fatica, non potendo usare le mani piene di pietre e urtai leggermente il grande gruppo di Ametrino proprio accanto alla mia caviglia, che si staccò dalla base, finendo in bilico contro la mia gamba. Restai immobile, col piede a mezz’aria e le mani piene di tesori quasi all’altezza della faccia.
Dovevo sembrare parecchio idiota.
Nicolas prese tra le braccia il grappolo e io potei posare i piedi a terra, infilai i cristallini in un sacchetto che mia cugina mi porgeva e ci avviammo alla fenditura.

Mentre uscivo mi voltai e lei, improvvisamente, alzò su di me grandi occhi nero pece, profondi come pozzi fino al centro della terra.
Mi fissò per un istante interminabile, mentre qualcuno mi spingeva oltre l’apertura. Provai un incredibile sensazione di terrore e di attrazione che non mi mollò fino a quando i miei piedi calcarono i caldi detriti della morena, nel sole.

1 Mammelloni: Tipica formazione rocciosa curva, molto levigata e a solchi paralleli data dall’erosione e dalla spinta glaciale.
2 Ametrino:  Cristallo di Quarzo sfumante da viola (Ametista) e giallo o champagne (Citrino).

(...continua link p.:9)

mercoledì 7 novembre 2012

Bidoni e ciò che rimane...

Buonaserissima!
Quei quattro gatti o gattofili o gattolici che passano da queste parti abitualmente, saranno sicuramente convinti che io sia in un posto tipo alle Seychelles o alle Fiji o chessoio con i dindi guadagnati a palate a "Scodinzolando in Villa", non è così?
Beh...vi siete sbagliati.
In effetti, venerdì alle due e 19 minuti ci è stato comunicato che non ci sarebbe stata alcuna coda agitata in quel di Serravalle e nemmeno da qualche altra parte.
Il perché e percome è storia lunga e tediosa, nonché un attimino surreale, per cui vi risparmio i dettagli.
Ho però ponzato di sbatacchiarvi sotto gli occhioni sgranati e colmi di cocente delusione, qualche esempiuccio degli aggeggini preparati appositamente per l'evento e, ovviamente, rimasti qui, in malinconica attesa di anime pie che li adottino..oltre a questi, altrettanto ovviamente, restano alcune cose fatte da tempo e quei 93 gioiellini per cani, che già ho postato l'altra settimana...ergo, se avete un cane o pensate di procurarvene uno, potete attingere a questi graziosi cosini e fare al vostro beniamino sicuramente viziatissimo un regalino che lo renderà ancora più bello.
Chi non ha un cane, può sempre indossarli fingendo che si tratti di roba per umani.

Tornando a noi, abbiamo qualche anellino "adjustable", scusate ma non conosco il termine italiano, ho sempre sentito roba tipo: "quelli che si possono allargare e stringere" e qualche parurina-ina orecchini-collierini.
Dunque, qui gli anellini:
Qui sopra: Anellino in Rame e Avventurina birmana, che significa semplicemente tinta. Lo so, io non uso pietre tinte, in generale, ma non mi pareva malaccio ed era comunque Avventurina.
Sotto: Silver Filled e Rame con Quarzettino e Granatino.

Qui sotto: Silver Filled con simpatica Ametistina piatta. 
 Sotto: Silver Filled e Avventurina "normale"
Qui Silver Filled con miniAmetiste:
 Due indossati:
Come vi sembrano? Io li trovo bellini...lavoro, un decimo degli anelli normali e, soprattutto, servono quantità di metallo strutturale che vanno dai venti ai sessanta centimetri, ottanta se uno vuole proprio scialare.
Qui sotto due paia di orecchini soli soletti, no parure:
Sopra: Silver Filled e Occhio di Tigre rosso, sotto: Labradorite verde e bianca
E qui ho messo qualche parurina, come dicevo:
Sopra: bellissimi Granati con Silver Filled, sotto:Silver Filled e Ottone, con minuscola Ametista
Silver Filled e Rame, con Labradoriti bianche e Granatino:
Qui Sempre Silver Filled e Rame con Olivine, gli orecchini sono "atipici", diversi dalla collana. Peridotini e Quarzo Rutilato:
Ehm...lo so, mancano gli orecchini...ho dimenticato di finirli, ecco...Silver Filled con Ottone, una signora Acquamarina e un Granatino:
Qui sotto, invece, un Quarzo Rosa, per chi lo vuole e vuole qualcosa di originale, sempre Silver Filled:
Per il momento ho finito, sennò viene 'na roba chilometrica.
Vado, alla prossima...sono MOLTO infelice...ma che dire della mia amica Sonia che ci ha pure rimesso quel centone abbondante regalato a Trenitalia?
Certo, potrà sempre dire di essere una dei pochissimi "turisti" al mondo ad essere stati a Torino e di non essere andata né al museo Egizio, né a quello del Cinema, ma al Museo della Montagna e al Borgo Medievale...
e aspettatevi quanto prima qualche Creaturina in tema, nella sua botteguccia. Adesso anche lei deve riprendersi, ma sono quasi sicura stia già lavorando...
Baciotti, 'notte notte